C'ERA UNA VOLTA IN AMERICA (1984. USA / ITA, DRAMMATICO, SERGIO LEONE)

 







New York, quartiere ebraico,anni venti del novecento. Per le strade, la piccola gang di Noodless (Scott S. Tiler da giovane / Robert De Niro) e dei suoi amici si fa le ossa a suon di botte, piccoli furti e amori giovanili. I quattro sono beccati spesso dalla polizia, non riescono a fare il salto definitivo verso la malavita vera, i soldi e l'alcool (siamp al tempo del proibizionismo). Noodless rivaleggia con il suo amico Max (James Woods da anziano, Rusty Jacobs da giovane), nell'amore per Deborah (Jennifer Connelly da giovane / Elizabeth Mc Govern più tardi). I due crescono in modo diverso. Noodles finisce in galera dopo un colpo fallito, Max e gli altri se la cavano e lui riesce persino a conquistarsi una facciata di rispettabilità sotto cui scala attraverso violenza e corruzione tutti ii gradini della società. Noodless, invece, ha a suo modo un codice di rispettabilità, ama la stessa donna, si fa la galera, esce dal giro e, nel 1967, torna a New York, dove rivede Deborah, i ragazzi della Gang con smoking ma sempre gradassi e maneschi, e soprattutto Max, ormai senatore Bailey, ricco ma corrotto...


Ci vollero oltre dieci anni perchè Sergio Leone riuscisse a coronare il sogno di questo film-testamento. In questo lasso di tempo, declinó proposte vantaggiose sia artisticamente che economicamente, come quella di dirigere IL PADRINO e, a parte qualche progetto importante (GIÙ LA TESTA, 1971 offerto inizialmente a Sam Peckimpah,  che rifiutó, e poi al suo aiuto Giancarlo Santi, ma stavolta a imporsi furono gli attori, che vollero essere per forza diretti da lui; IL MIO NOME È NESSUNO, 1973, e UN GENIO, DUE COMPARI E UN POLLO, 1975, come produttore) stando sostanzialmente ai box fino al 1984, per concentrarsi su questo lavoro. 

Purtroppo, fu un disastro commerciale. 30 milioni di dollari spesi, ma incasso  mondiale di soltanto 5 milioni. Evidentemente, la sontuosa monumentalità e la solennità maniacale di scene, gesti e sguardi del cinema di Leone non attiravano più il pubblico. E le cose sono andate di male in peggio, con le uscite seguenti e gli insensati tagli al montaggio fatti per recuperare qualche soldo comprimendo la durata (quasi quattro ore), che non hanno salvato la pellicola dal fallimento totale al botteghino, finendo per snaturare la trama. A parziale rivalutazione, lo status di CULT MOVIE e l'ammirazione di colleghi come Steven Spielberg, Martin Scorsese Noodless ha anche qualche aspetto che lo accomuna al Travis Bickle di TAXI DRIVER, ad esempio l'attenersi a una sorta di "codice morale", che però in lui, pur già presente, ha maggior evidenza col passare degli anni), e soprattutto Quentin Tarantino. Il film è la rivisitazione per immagini del mito (e del cinema) americano con gli occhi di un giovanotto romano degli anni trenta, figlio di un discreto regista e già da allora appassionato di cinema americano, che, tra citazioni colte e (persino) auto-citazioni, rielabora il tutto con la sua visione dello spettacolo figlia dei suoi amati John Ford e (soprattutto) David Lean. E i personaggi, molto ben costruiti nei dialoghi dallo stesso regista e dagli abituali collaboratori Arcalli, Benvenuti, De Bernardi e Medioli, resi stupendamente da un cast straordinario, appaiono come un'evoluzione e un completamento di quelli della trilogia del Dollaro. Vi è la stessa enigmaticità, la stessa lentezza calcolata nei gesti con cui il regista destruttura il mito dell'America e lo ripropone un'ultima volta,  e c'è sempre un "buco" temporale nella loro storia, come nel Joe / Eastwood del PUGNO DI DOLLARI, tanto che alla domanda su cosa avesse fatto in tutti questi anni, Noodless non trova di meglio che rispondere : "sono andato a letto presto", quasi a citare quell' "è una lunga storia" con cui il protagonista dell'altro film risponde a chi gli chiede da dove viene. Ma il sorriso largo e nel contempo enigmatico con cui l'immagine di Noodless, accompagnata dalle solite splendide musiche di Ennio Morricone, viene fermata in primo piano, lì nella fumeria d'oppio cinese dove, in fondo, tutto era cominciato, è, per questo, la fine non solo di un film ma di un intero percorso artistico.   

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