DELITTO A ALBI ( DELPHINE LEMOINE, FRANCIA 2021. GIALLO).
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Annabelle Dalmasio (bravissima Lèonie Simaga) è una giovane e determinata commissaria che, dopo molti anni, torna nella città dov'è cresciuta, Albi, storico capoluogo del dipartimento dell'Occittania, in cui vivono ancora i suoi genitori adottivi. Ad accompagnarla c'è sua figlia, Pauline. Ha subito a che fare con Marc Lemaire (Bruno Debrandt), poliziotto locale che aspirava a quel posto. Ma soprattutto, deve occuparsi da subito di due omicidi efferati, quello del contadino Robert Textier e quello di un' assistente sociale, Martha Rivera. I due, col tempo, impareranno a conoscersi e stimarsi, e, proseguendo nell'indagine, s'imbatteranno in una sporca storia sepolta dal tempo di affidi di bambini provenienti dalle Rèunion, sangue e violenze, che coinvolgerà anche i loro cari. Finale davvero sorprendente.
Il film sfodera una sensibilità tutta femminile, nella direzione e nella scrittura, affidata a due donne (rispettivamente Delphine Lèmoine e Selphine Choraqui), specialmente nell'insistenza più sull'aspetto psicologico e sullo scontro tra due personalità all'inizio in conflitto tra loro che sull'azione. In tal senso, la regista esce fuori dal normale terreno del Pòlar alla Olivier Marchal, di cui, va detto, non possiede il notevole senso dell'azione, e non cerca riferimenti a modelli americani. E anche le scene ambientate nel centro storico non sanno certo di clichè turistico, né sul grandguignol, ma appaiono congrue alla storia, decisamente ben diretta e scritta con essenzialità.
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