BASHU IL PICCOLO STRANIERO / IRAN 1989

TITOLO DELL'EDIZIONE PER IL MERCATO INTERNAZIONALE: Bashu,  the little stranger. 


https://youtu.be/LqElGrY6T-M film completo con sottotitoli in inglese. 

Purtroppo, attualmente il film è introvabile nell edizione italiana e in quella francese.  E spiace anche che su youtube esista solo un'edizione con sottotitoli in inglese generati con il traduttore automatico,  che è quella che vi propongo.  La recensione che state leggendo è il frutto della visione del film con sottotitoli NON generati automaticamente in francese,  purtroppo scomparsa anch'essa da youtube. Ma questo film ha una tale forza nelle immagini che qualcosa rimane al solo guardarlo.  Ovviamente,  va mostrato ai bambini solo se accompagnati da un genitore. 



Bashu sa della vita più di tanti libri e analisi sociologiche sui bambini e sulla guerra. Ragazzino di una decina di anni, ha visto morire tutta la famiglia per un bombardamento da cui lui solo è riuscito a sfuggire, ma ora non ha nessuno al mondo. Il suo vagare lo porta in un villaggio sconosciuto, dove incontra una madre di famiglia che attende il ritorno del marito dal fronte, che, pur con la fatica di badare a due bambini, lo porta in casa. Ne nascerà un rapporto del tutto vero e materno, che sconfiggerà il razzismo dei paesani (Bashu è nero) cambiando la vita dei due, e non solo la loro.



Beirzan Beirzawi, regista del film, dapprima cerca di approfondire i traumi del piccolo protagonista. E lo fa a partire dai titoli di testa, con quelle voci da orco e gli aerei che si muovono in linea, resi col gusto dei disegni infantili e di certi cartoni animati anni '70 dell'Est europeo.. Poi, con grande tenerezza, disegna una figura di donna determinata e forte (siamo al tempo del conflitto con l'Irak), figlia del fatto che, in quel periodo storico, gli uomini sono al fronte, e ci vogliono donne di questa tempra per portare avanti la baracca. Il film prosegue raccontando le loro storie interiori, tra immagini simboliche che rimandano alla tradizione orientale e un sempre più profondo rapporto tra due personaggi solo in apparenza perdenti, che riscoprono insieme il vero significato del vivere. Che, anche nella sofferenza (emblematica la scena in cui il bambino, disperato, si mette a suonare un tamburello e a cantare disperatamente una specie di inno funebre e, in un altro luogo, la donna, agonizzante inscena un ballo improvvisato, come a dire che è riuscita a guarire), riescono insieme a non mrire di disperazione, a sconfiggere i pregiudizi razziali e, nel caso del piccolo, che anche in quel mono che lui ha finora conosciuto, domniato da guerra e morte, ci sono sempre due occhi che ti guardano per quel che sei,e una persona che, alla fine, puoi chiamare MAMMA.
Qui, le disgraziate vicende di un bimbo che ha perso i genitori durante un bombardamento e si trova (diversamente da quanto succede, ad esempio,  nel film di Mel Gibson L'uomo senza volto, 1992) in un contesto geograficamente estraneo al bambino (anche se siamo sempre in Iran) ma ugualmente pieno di pregiudizi,  lo portano a riconoscere, in un mondo ostile, chi gli vuole bene e sfida per lui ogni circostanza avversa. Guardandolo negli occhi come soltanto una madre sa fare. 

PIERO MASIA

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