VIAGGIO A KANDAHAR (Mohsen Makhnalbaf. Iran, 2001)

REGIA: Mohsen Makhmalbaf


CAST: Nelofer Pazira, Dawud Salahuddin, Akyut Oguth.


Opera di un potente e drammatico lirismo, capolavoro con immagini di una forza evocativa straordinariUna giovane afhgana rifugiata in Canada, dove fa la giornalista, a seguito di alcune lettere ricevute dalla sorella minore rimasta nel paese d’origine in cui minacciava il suicidio poichè la situazione era ormai divenuta gravissima, decide di tornare in Afhganistan per rintracciarla.

Ha con sè, tra l’altro, un registratore con cui documenta il dramma della vita quotidiana in quelle terre straziate dalla guerra e dal fanatismo, e incontra un’incredibile e varia umanità. 

La giornalista aafhga protagonista,  rifugiata in Canada, torna nella sua città natale, la martoriatissima Kandahar vittima del fanatismo talebano, per trovare la sorella, che non era riuscita a fuggire, e farla desistere dai propositi suicidi resi noti per lettera, si immedesima in quel che vede, con partecipata sofferenza il duro quotidiano del popolo afhgano (e di riflesso, anche del suo popolo), in un tripudio quasi orgiastico di arti spezzati, sabbia, pietre aride, morte e sangue, donne, bambini e anche uomini trattati peggio delle bestie, disperati che saltellano a migliaia sulle loro stampelle, esibendo le gambe maciullate e assaltando a migliaia qualunque elicottero internazionale, come una sorta di assedio di Fort Apache, privo dell'alone mitico del western ma pregno di un odore acre di sangue e morte. 

Il film, di cui solo alcune scene vennero effettivamente girate in loco (per evidenti ragioni) è un CAPOLAVORO Da acquistare o da recuperare in streaming. Purtroppo, su youtube e altre simili piattaforme non c’è, ma un’opera simile non deve mancare in una buona videoteca.


Attraverso una storia tutto sommato piccola, il regista riesce a farci “entrare”, assieme alla protagonista, dentro quella grande tragedia contemporanea che è l’Afhganistan. E lo fa, paradossalmente, con un tono epico ma nel senso negativo del termine, con il male e una concezione formalistica (e quindi non vera) della religione che soffocano l’umanità, come si vede nella scena in cui un bambino viene cacciato dalla scuola coranica perchè non intona correttamente alcuni versetti del testo.


Una “epicità” negativa in cui si muove un variegato paesaggio umano in cui compaiono donne e uomini dalle cui semplici movenze si intuisce la loro, oserei dire, abitudine al male che li circonda e quasi rassegnati all’ineluttabilità del male sulla loro vita, appena temperate da alcuni accenni ad una speranza che le cose cambino,comunque appena accennati

Un cenno, infine, a Nelofer Pazira, attrice e regista di 47 anni, straordinaria protagonista, rifugiata in Canada ma nata in India da famigglia afgana di lingua Dari, che ha diretto e interpretato il sequel, Return to Kandahar (2005)..


I suoi occhi stupendi osservano con commozione il dramma del popolo afgano. Ecco il tema di Viaggio a Kandahar (2001), è proprio la tragedia del popolo afghano e la condizione della donna in quel paese.  

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