SCIUSCIÀ (VITTORIO DE SICA. DRAMMATICO. ITA, 1946)

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Giuseppe (Rinaldo Bordoni) e Pasquale (Franco Interlenghi) sono due ragazzini che, nella Roma uscita a pezzi dalla guerra, lustrano le scarpe (SCIUSCIÀ è un termine napoletana ormai in disuso che sta per CALZOLAI, storpiato dall'inglese  SHOESHINE) ai soldati americani e, per il resto, vivono di espedienti. Rimangono invischiati in una storia di coperte americane rubate e rivendute in cui è coinvolto anche il fratello di Giuseppe. RVengono smascherato dagli investigatori e, minacciati per costringerli a fare i nomi delle persone coinvolte nel traffico, condotti nel carcere minorile, in celle separate, in una struttura assolutamente inadeguata e fatiscente, dove violenza, botte e cinghiale contro i piccoli detenuti sono il pane quotidiano, circondati da altri relitti umani, ragazzi come loro o un po' più grandi.  Le loro strade iniziano a dividersi quando Pasquale viene costretto con l'inganno a rivelare il nome del fratello dell'amico, e i due, che ormai hanno rotto ogni rapporto di amicizia tra loro,  corrono verso un confronto tragico.

Come sempre nel cinema neorealista, dietro la storia dei protagonisti c'è il dramma di una città (e di un paese) che usciva distrutta dalla Guerra. De Sica, dopo I bambini ci guardano (1944) e prima di Miracolo a Milano (1951), raggiunge il suo massimo, chinandosi con passione sulle disgrazie dei protagonisti (ovviamente presi dalla strada e destinati a carriere diverse. Interlenghi continuerà a buoni livelli, Bordono non proseguirà) senza giudizi preconcetti e senza lasciare che il taglio quasi documentaristico, tipico di quella scuola (inizia qui la collaborazione con Cesare Zavattini, suo sodale storico) impedisca un racconto pieno di passione e per nulla didascalico ma diretto, vero. Oscar meritatissimo al miglior film straniero nel 1947. Dopo quel trionfo,  il film  (che; all'uscita,  non fu ben accolto al botteghino italiano), fu riproposto con enorme successo da noi e in tutto il mondo e giudicato per ciò che è: un CAPOLAVORO ASSOLUTO. 


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