IL POSTO DELLE FRAGOLE (1957. Svezia. DRAMM.).

REGIA: Ingmar Bergman

CAST: Victor Sjostrom, Bibi Andreson, Ingrid Thulin, Gennaro Bjornstrand, Max Von Syndow.

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Il professor Isaak Borg sta per ricevere un solenne encomio per i 50 anni di attività scientifica in campo medico.  Tutti lo conoscono e lo stimano, ma in realtà dietro la facciata di rispettabilità alberga un cuore gretto ed egoista. Lo sa bene chi lo vede nel quotidiano e nota in lui una grande insensibilità persino verso i problemi matrimoniali del figlio.  Egli raggiunge il luogo della cerimonia in auto con la nuora, che gli dice in faccia tutto il suo disprezzo.  Il viaggio tocca i luoghi della gioventù (il postodelle fragole, la villadelle vacanze estive fino ai ventianni, gli incontriconla fidanzata che alla fine gli formula le stesse accusedi insensibilità),  e si trasforma in un viaggio della memoria, tra incontri con persone vive e flashback  del passato splendidamente fotografati da Gunnar Fisher, fin dentro luoghi che ha amato, persone cui ha voluto bene... ma va anche alla radice del suo egoismo e della scelta di chiudersi in un mondo tutto suo fatto di ambizione e snobismo. Tuttavia, alcuni incontri reali come quello con un suo vecchio paziente che ricorda bene la sua generosità e quello con alcuni ragazzi cui offre un passaggio faranno emergere in lui, piano piano, un'umanità che egli stesso sembrava aver seppellito. E le cose, anche in famiglia,  cominceranno a prendere una piega diversa. 

Il protagonista del film ha il volto di Viktor Sjostrom, figura centrale del cinema svedese di cui fu uno dei migliori registi e il primo ad imporsi a livello internazionale sia in Europa (THE PHANTOM CARRIAGE, 1921, capolavoro dell'Espressionismo) che a Hollywood,  dove diresse la connazionale Greta Garbo nei primi film. Per ammissione di  Bergman, è una figura con molti spunti autobiografici. Nella spietata analisi della sua vita privata, Bergman immette il ricordo doloroso dei suoi primi fallimenti esistenziali e sentimentali, immaginando una grande riflessione sulla vita e sulla morte riducendo di molto gli elementi simbolici che si vedevano ne IL SETTIMO SIGILLO e che torneranno nel successivo LA FONTANA DELLA VERGINE. Qui, però, c'è un minimo di speranza, che caratterizzerà in parte i suoi film fino  a che, con LUCI D'INVERNO (1965), la sua riflessione sulla vita si farà sempre più cupa e disperata. 

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