GIOCHI PROIBITI (1952 RENÈ CLEMENT. FRA, DRAMMATICO)

 

TITOLO ORIGINALE: Jeux interdis.
GENERE: Drammatico.
Francia, 1951. B / N.

Per questo lavoro, vincitore nel 1952 del Leone d'Oro a Venezia e premiato con l'Oscar per il miglior film straniero, Clèment fu accusato da François Truffaut, al tempo critico cinematografico per i Cahiers du cinema, di eccessivo formalismo. A posteriori, tale presa di posizione contribuì a far cadere l'opera del regista nativo di Bordeaux in un oblio ingiustificato, da cui solo di recente è emersa.
La piccola Paulette, cinque anni (Brigitte Fossey, la ricordate nei due insulsi capitoli de Il tempo delle mele, 1980 e 1982?), perde i genitori, uccisi durante un bombardamento mentre fuggivano da Parigi insieme a migliaia di persone. Michel Dolle, contadino undicenne, la trova mentre vaga disperata per le campagne, e decide di portarla a casa sua. La piccola si affeziona a Michel, che vede come un fratello maggiore, e alla sua famiglia. Durante la fuga, si è trascinata il corpo del suo amato cagnetto, perciò i due concepiscono quasi come un gioco l'idea di seppellire lui e gli altri animaletti morti in un cimitero vero e proprio pensato appositamente per essi, decidendo di seppellire la bestiola presso il mulino dei Dolle, e di affiancarvi le tombe di animali esotici (Leoni, tigri, giraffe) che conoscono solo tramite libretti e giornalini, ma anche quelli di animali  a loro più familiari come talpe, topi, ragni ecc. Per dare al sito un aspetto più realistico, rubano quattordici  croci dalle tombe dal cimitero locale e tentano persino di arraffare quella della parrocchia. Ciò è anche la scintilla che fa scattare un'altra delle tante liti con i vicini, i Gouard, con cui da tempo non corre buon sangue. Alla fine, Michel verrà scoperto e punito, e Paulette dovrà tornare in orfanotrofio dove riesce a sfuggire alla dama che l'aveva adottata correndo tra la folla e urlando "Michel" e "Maman".


In quello che, a quanto scrisse Andrè Bazin, era stato inizialmente concepito come un mediometraggio e solo in seguito trasformato in lungometraggio, Renè Clèment mette in scena un piccolo dramma infantile per raccontare in modo indiretto ma altrettanto vero e prorompente (e senza scadere nella melensaggine) ciò che sta sullo sfondo di tutto questo: la guerra con la sua crudeltà e la sua disumanità, generatrice di piccoli e grandi drammi intrecciati fra loro.  E riesce a raccontarci con profonda umanità quella vita contadina che il suo amico Jacques Tatì narrava in quegli anni con intento comico, sorprendendone i vari aspetti e l'infiltrarsi del dramma bellico fino al cuore del tessuto sociale e dei rapporti umani, facendo emergere ed amplificando gli aspetti peggiori e disumani dei personaggi. Soprattutto degli adulti, alla cui crudeltà e meschinità generata dal dramma bellico fa da contraltare l'ingenua freschezza dei due piccoli protagonisti di un film con bambini scevro da ogni forma d'infantilismo.  


PIERO MASIA

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