ALL'OMBRA DEL PATIBOLO (1955, N. RAY)

 ALL'OMBRA DEL PATIBOLO (1955, N. RAY)


(1955). DI: Nicholas Ray; CON: James Cagney, Viveca Linfords, John Derek, Ernest Borgnine.




Il vecchio Matt e il giovane Dave, un ventenne ingenuo senz’arte ne parte, vengono presi a fucilate dai compaesani del giovane, ferito gravemente a una gamba. Accusati ingiustamente di una rapina e salvatisi dal linciaggio, riescono a dimostrare in pochi minuti la loro innocenza. Nel frattempo, arrivati al paese di Dave, il ragazzo vieie soccorso dalla sua amica Helga, e anche Matt si stabilisce da lei. Il rapporto tra i due si fa sempre più difficile, Dave si convince che non riuscirà mai a recuperare le forze, ma Matt, nominato sceriffo crede in lui e, nonostante la menomazione, lo nomina suo vice. Ma alcuni banditi compiono una rapina in banca,e Matt, inseguendoli, scopre con dolore che Dave, sempre sfiduciato sul suo futuro, è loro complice. Riuscirà a redimersi, ma a costo della vita.


Il regista è quello di Gioventù bruciata, e con questo Run for cover (titolo originale) conferma una costante del suo cinema, quella di essere interessato al rapporto quasi edipico (anche se qui non c’è legame di parentela) e ricco di tensione drammatica tra l’uomo di esperienza e il giovane ribelle.


Egli prosegue per tutto il film giocando le sue carte più sul fatto psicologico che non sull’azione come in la banda di Harry Spikes (1974, Richard Fleisher) o I cowboy (1972, Mark Rydell), o Fiume rosso (1948, Howard Hawks), anch’essi su conflitti generazionali . Oserei dire che è l’azione stessa ad essere meno spiattellata e più interiore, con il conflitto psicologico che, presente sin dall’inizio, viene portato all’estremo fino al finale concitato. Per tutti questi motivi, Ray non si discosta moltissimo da Mezzogiorno di fuoco (1952, Fred Zinnermann) e dalla sua tensione alla drittura morale. 


Una tendenza che, negli anni cinquanta, non era isolata nel cinema western. Su Ray vale quanto scritto da Bertrand Tavernier, suo grande ammiratore (Più che il suo stile, è la costanza di certe preoccupazioni morali, di una certa attitudine alla vita, che permette di accostarsi a uno dei migliri cineasti del dopoguerra). Tra gli attori Cagney si conferma interprete di straordinaria completezza ed espressività, trovandosi a suo agio anche nel cinema di frontiera, non troppo frequentato in gioventu. Piccola ma importante la parte di Ernest Borgnine.

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