VERSO ORIENTE / KEDMA (ISRAELE/FRANCIA/ ITALIA 2002. DRAMMATICO)

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Guerra arabo / israeliana del 1948. Un gruppo di profughi ebrei provenienti dai paesi dell'Est europeo e scampati ai Lager sbarca in Palestina, aiutato dai combattenti del Palmach, che li raccoglie tra le sue fila dopo che si sono salvati dagli inglesi, trovandosi così nel bel mezzo del conflitto. In realtà, la pellicola s'incentra sullo splendido piano / sequenza dell'inizio, in cui uno dei protagonisti, l'ebreo Yanush, dopo aver fatto all'amore con la sua fidanzata,  attraversa la barca e va sul ponte, fissando lo sguaro sull'orizzonte del mare, raccontando agli altri le peripezie del suo arrivo fin lì. Poi, dopo un duro combattimento tra i due gruppi conclusosi con la vittoria del Palmach, Gitai costruisce tutta l'opera su due monologhi recitati benissimo da attori tanto bravi quanto a me sconosciuti. Il primo è quello di un contadino arabo, che giura che combatterà sempre contro gli ebrei, nonostante loro siano molto meglio organizzati. 
Il secondo monologo è dello stesso Janush, che, alla fine, impazzito e distrutto da fatica e dolore, urla che la storia dl suo popolo, in realtà, è stata fatta dagli altri popoli che, infliggendo loro sofferenze inenarrabili, li hanno resi così senza che loro lo volessero, facendo loro chiedere pietà in continuazione per aver salva la vita. .  pare prendere su di sè le sofferenze del suo popolo, realizzando che esso, dovunque si trovi, è destinato a soffrire, tanto che la stessa sofferenza  è diventata il punto cardinale della vita del suo popolo, senza che questo sia un fatto positivo, ma anzi costituendo il perno del delirio che il suo popolo sta vivendo in quel frangente. Alla fine, la camionetta militare che raccatta tutti i sopravvissuti all'azione procede tristemente verso quell' stesso sfondo indefinit che abbiamo visto all'inizio durante la traversata, andando incontro a un futuro incerto e oscuro. 



Figura molto importante del cinema israeliano, Amos Gitai ha ambientato diverse sue pellicole negli anni della persecuzione nazista e durante il primo periodo della fondazione di Israele, come se cercasse in quegli anni il motivo dello stato di guerra e terrore in cui il suo paese vive. E i suoi personaggi sono tutti come piegati (e piagati, nel senso di segnati) dalla sofferenza per quanto successo ieri e per quanto accade in quel particolare momento storico. Sembra quasi chiedere che queste due sofferenze si mescolino, ma comprende che non potranno mai farlo, non pronunciando pistolotti di condanna per l'uno o l'altro (tranne che per i soldati britannici), ma vedendo per sè e per i due popoli uno sfondo oscuro, misterioso ma tragico. Drammaticamente tragico. 

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