INDIANS (1975, RICHARD T. HEFFRON. WESTERN , USA).

Film purtroppo difficile da reperire. Impossibile da noleggiare, va per forza acquistato su





Ispirato a fatti storici realmente accaduti durante la rivolta della tribù nativa dei Nez Percè o Nasi forati (Idaho,  estate 1877), di cui Capo Giuseppe (Ned Romero, che aveva anche sangue dei nativi nelle vene) era il carismatico condottiero la cui autorità veniva riconosciuta da tutta la tribù. Ma Alcuni efferati omicidi commessi da cacciatori, coloni  e cercatori d'oro senza scrupoli con l'intento di provocare la reazione dei guerrieri, lo metteranno però in conflitto con i più giovani, stanchi delle continue provocazioni dell'uomo bianco e della politica prudente del capo e impazienti di rispondere colpo su colpo, a costo dimorire da eroi, mentre lui voleva salvare donne e bambini (inclusa moglie e bimba appena nata. Il generale Howard (James Whitmore) e il capitano  Wood (Sam Elliott) sono suoi amici, hanno più volte trattato con lui e ne ammirano lealtà e coraggio. Ma, di fronte agli ordini del governo di costringere i Nasi forati a lasciare le loro terre ancestrali, la lealtà del Generale al suo governo ha la meglio sulla sua coscienza e sull'ammirazione che nutre per Giuseppe, nonostante l'opposizione del capitano il quale, pur eseguendo gli ordini a lui impartiti, si definisce disgustato da tutto ciò. Capo Giuseppe non può far nulla contro la volontà dei giovani di lasciare la riserva e morire da guerrieri, mentre l'uomo bianco lo segue fino in Canada per impedire a lui e ai suoi di entrarvi, e si consegna al vecchio amico, diventato ora nemico, che scorterà fino alla riserva anche la moglie e la neonata, e tutto ciò dopo molti episodi tragici e sanguinosi.

Il film appartiene al filone revisionista del genere, che, seppur con un'enfasi minore rispetto a pellicole di quegli anni come Soldato blu (Ralph Nelson, 1966), Un uomo chiamato cavallo (Elliot Silverstein, 1970), Bufalo Bill e gli indiani (1976, Robert Altman), forse dovuta alla destinazione televisiva del prodotto, mette in discussione i capisaldi del mito del West che Hollywood ha contribuito a formare. Una tendenza non nuova, a ben vedere, nel cinema classico americano (L'amante indiana di Delmer Daves, 1951, o La maschera di fango, 1953, di Andrè De Toth, e altri).  La lettura del regista privilegia, più che l'azione, il rapporto tra i due protagonisti, e le differenze tra i mondi da cui essi vengono, evidenziando la differenza di scelta tra chi, in nome di un malinteso senso del dovere , sceglie di sacrificare ad esso ogni barlume di sincerità e di umanità ancora presente nel suo cuore, e chi, pur rendendosi ormai conto dell'ineluttabilità della catastrofe e decidendo alla fine di farsi da parte per questo motivo, quella dignità la conserverà sempre nel suo cuore. Non pochi spunti da questo lavoro, sono a mio giudizio rintracciabili in Geronimo (1993, Walter Hill). 

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