MONSIEUR LAHZAR (CANADA, 2011. DI PHILIPPE FALARDEAU. DRAMM.).

 MONSIEUR LAHZAR (CANADA, 2011. DI PHILIPPE FALARDEAU. DRAMM.).



Una scuola elementare di un tranquillo quartiere di Montreal in Quebec, un giorno invernale apparentemente come tanti. Al termine della ricreazione, accade qualcosa agli undicenni Simon (Emilien Neron) e Alice (Sophie Nelisse) che li segnerà profondamente: rientrando in classe vedono il corpo della propria insegnante di francese Martine, che si è impiccata con un foulard.


L’ultimo lungometraggio di Philippe Falardeu si apre con un evento traumatico che provoca uno shock emotivo collettivo difficile da gestire e da superare. Sorgono subito spontanee le domande: come aiutare i bambini a rielaborare il trauma subito? Basterà una psicologa messa a disposizione dalla scuola per tutti gli alunni in caso di loro esplicita richiesta? E’ meglio riprendere le attività come se nulla fosse accaduto oppure cercare di affrontare tutti insieme questo tragico evento? Senza lasciare il tempo per rispondere a questi interrogativi, ecco che appare a scuola Bachir Lazhar - da cui il titolo del film, interpretato dal bravo attore teatrale Fellag - un cinquantenne algerino immigrato in Canada. Bachir ha appreso dai giornali quanto accaduto nella scuola e si rende subito disponibile a sostituire Martine, in attesa che il Ministero dell’educazione concluda la burocratica procedura per la sostituzione dell’insegnante scomparsa, raccontando di aver insegnato francese per 19 anni in Algeria. Ma Bachir nasconde un passato ancor più tragico che ha colpito la sua famiglia ad Algeri, impossibile da cancellare. Con il benestare della preside, consapevole ma poco coraggiosa, con gli scetticismi iniziali degli alunni traumatizzati e dei genitori apprensivi, ottusi e succubi di un sistema di insegnamento per cui nessuno è autorizzato a contraddire i propri figli, Bachir inizia questa difficile avventura.


Sono molti i temi in “Monsieur Lazhar”, trattati con pudore e delicatezza, ma anche con umorismo e ironia: la gestione degli eventi traumatici, l’immigrazione e l’infanzia messe alla prova, la comunicazione e il linguaggio dei bambini e la loro resilienza. Il regista critica implicitamente il sistema educativo canadese, perché cerca di soffocare la crescita dei bambini, trattandoli come se fossero in una cappa di vetro. L’atteggiamento della preside e degli altri insegnanti di fronte alla tragedia è quello della chiusura: meglio dimenticare e voltare pagina piuttosto che affrontare l’evento e aiutare i bambini a gestire e rielaborare il lutto. Alcune scene richiamano questa critica, basti ricordare quando Bachir, che ovviamente non è a conoscenza degli ultimi sviluppi della pedagogia nordamericana, viene rimproverato dalla preside per aver dato una sberla ad un suo alunno perché è vietato toccare i bambini, nonché perché utilizza brani del suo romanziere preferito Balzac per i dettati in classe, o dai genitori perché quest’ultimo “deve limitarsi ad insegnare e non ad educare i bambini”.

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